L’abbaglio di Yehoshua

Dimenticare che a Gaza governano i miliziani di Hamas

Abbiamo letto sul quotidiano “la Repubblica” una deliziosa intervista dello scrittore israeliano Abram Yehoshua dove ci si spiega che oramai non si capisce nemmeno più per quale motivo ci si combatte fra ebrei e palestinesi e quello che questi ultimi desiderano e lo stesso che desiderano i primi, essere cittadini nella propria patria. Yehoshua deve essersi commosso nel vedere Abu Mazen alla manifestazione di Parigi e probabilmente si chiede se non ci fosse stato Netanyahu a rappresentare il suo governo, non fosse stato già possibile iniziare un negoziato. Insomma è tutta colpa della destra israeliana, i palestinesi sono delle vittime della protervia di questo. Non vorremmo metterci a discutere dei lunghi anni in cui ha governato il labour party in Israele cercando un’intesa proficua proprio per realizzare quello che Yehoshua ancora vorrebbe vedere. Notiamo solo che quando finalmente il premier laburista Ehud Barak riuscì a raggiungere la pace con Arafat a Camp David nel 2001, concedendo probabilmente molto più di quello che tre guerre di aggressioni subite consentirebbero, un referendum a Gaza stroncò quell’accordo. Senza voler essere pedanti, si, Abu Mazen è a suo modo l’erede politico di quella volontà pacifica dell’ultimo Arafat, convinto dopo trent’anni di sconfitte militari di dover riconoscere chi voleva distruggere completamente. Il problema è che portata Fatah a miti consigli è sorta Hamas che ha nuovamente radicalizzato lo scontro. Yehoshua è un grande scrittore, un’intelligenza sopraffina, eppure non menziona nemmeno di sfuggita cosa si debba fare con Hamas, se questa non rappresenta il problema, visto è che dopo il suo apparire che la destra israeliana è tornata a prendere il sopravvento sulla società italiana, perché la maggioranza della popolazione ebrea si è convinta che con Hamas non ci sia più niente da fare. Anche noi siamo convinti che la laica fatah, formatasi sostanzialmente nell’ideologia marxista leninista della seconda metà del secolo scorso, non abbia alcun interesse al califfato. Ci chiediamo solo quanto interesse abbia l’organizzazione islamica religiosa Hamas allo Stato palestinese e soprattutto come lo concepisca. Se a Yehoshua sembra di vedere una qualche disponibilità da parte di Hamas al riconoscimento di Israele, allora siamo d’accordo con lui, speriamo che la destra venga sconfitta e affidiamoci nuovamente al labour nelle prossime elezioni. Nel caso in cui invece da Hamas non pervenisse alcun segnale in questo senso, ci dispiace, ma Yehoshua ha preso un abbaglio clamoroso, tale per cui uno Stato palestinese, non ha alcun senso se Israele esistesse ancora. In ogni caso saremmo più prudenti, perché visto lo smantellamento degli stati nazionali arabi che si sta consumando nella regione, e l’idea di patria degli arabi poco assimilabile a quella della cosiddetta cultura cristiana giudaica, aspetteremmo a dire che a Gaza, se non in Cisgiordania, non interessi il Califfato.

Roma, 23 gennaio 2015